24 luglio 2009

Il tecnofilosofo Cacciari: no ad Englaro

Beppino Englaro non ha le capacita' per dirigere il Partito Democratico, ha detto il tecnofilosofo Cacciari sindaco di Venezia, dichiarando: "Ho molta stima, ma fare il segretario di partito richiede conoscenze vaste... capacita' di mediazione, di direzione, di riconoscere le difficolta'... sarebbe il caso di ricordare che la politica e' una tekne'. Quindi non credo assolutamente che Beppino Englaro abbia le capacita' di dirigere il Pd"
Questa dichiarazione di Cacciari è offensiva e demenziale.
Beppino Englaro ha dimostrato capacità di mediazione e di gestione delle difficoltà enormi, nell'affrontare la battaglia morale per sua figlia Eluana. capacità umane immense, che nemmeno fusi in un sol uomo gli attuali dirigenti Pd saprebbero esprimere.
Ha saputo trasformare un dolore, una richiesta individuale in una battaglia veramente universale. Di far questo, in pochissimi sono capaci. Il disprezzo tecnocratico di cacciari è offensivo per le persone 'normali', per l'umanità di tutti.
la politica è una tekné? benissimo, ma tekné vuol dire anche(partendo da Aristotele) esperienza capace di cogliere e tradurre elementi universali nel particolare..esattamente quel che ha fatto Englaro con la sua battaglia.

19 luglio 2009

Il sofista malfatto - critica all'illusione democratica



IL SOFISTA MALFATTO
la breve stagione di Veltroni e l'illusione democratica

presentazione
martedì 28 luglio 2009 - h 18 - festa di Liberazione
Parco Togliatti, Bologna


intervengono
Manuela Bruschini - autrice
Oliviero Diliberto - segretario nazionale PDCI
Nando Mainardi - segretario regionale PRC

In una stagione durata soltanto 18 mesi, l’ex segretario del PD è riuscito a porre fine all’esperienza del centro-sinistra italiano e ad affermare la trasformazione della maggiore formazione di sinistra in partito governamentale. Questo libro racconta una storia inquietante, che parla di morte della militanza e del trionfo di un’estetica mediatica sulle ideologie. anche a sinistra.


Il sofista malfatto è edito da Arduino Sacco Editore
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oppure in libreria a:
Piacenza - libreria Fahrenheit 451, Feltrinelli, Romagnosi, libreria del Corso, Tuttolibri, libreria Ipercoop
Mestre - libreria Feltrinelli, libreria Don Chisciotte
Bologna
- libreria Trame, libreria Irnerio

abstract

PERCHE’ QUESTO LIBRO

La scelta di costituire il PD in Italia ha stravolto il tradizionale assetto della politica italiana, consentendo alla crisi culturale e politica nazionale di velocizzarsi e sdoganando definitivamente la spettacolarizzazione emozionale del politico.

Walter Veltroni non è stato soltanto un front man in questa operazione, ma ne ha rappresentato efficacemente senso e finalità ideologiche; le ha incarnate nel suo personaggio, nel suo stile comunicativo, nella sua retorica. Nonostante le ripetute sconfitte elettorali, Veltroni ha ottenuto nella sua breve stagione di leadership un risultato indiscutibilmente significativo: chiudere la stagione politica del centro-sinistra e contribuire in modo definitivo alla crisi della sinistra italiana, favorendone il transito verso il nuovo modello governamentale. Come si trasforma l’essere di sinistra in Italia, dopo queste scelte? Il cittadino-elettore si sostituisce definitivamente al vecchio militante?


ALCUNI BRANI

L’Anti (ideologico e conservatore), parte prima – cap. III

“…Ed è propriamente la storia comunista quella di cui Veltroni si compiace di annunciare la fine…per Fukujama l’homo novus generato dalla fine della Storia era un post-ideologico argonauta del libero mercato, per il Walter nazionale saranno i ‘nuovi italiani’ del Partito Democratico, finalmente liberi dalla zavorra comunista, dalla storia comunista, che ha tenuto così a lungo ‘bloccato’ il paese. L’Anti non se la prende con la storia tout court, insomma, ma solo e specificamente con quella del Partito Comunista Italiano. L’ideologia ed il conservatorismo, uniche polarità cui Veltroni si consente un deciso ‘essere contro’, sono quelli propri della tradizione politica della sinistra italiana, nel cui seno ha prosperato fino agli effimeri allori della sua breve stagione di leadership. Essere contro, chi conserva vecchi sistemi di idee e stantie coerenze. Contro, chi richiama al peso ed alla responsabilità di una storia peculiare e propria, portatrice di una differenza. Contro tutti i conservatorismi, senza porsi il problema di cosa possa rimanere eliminandoli così in toto e senza appelli…“

Un leader da Bianco Mulino, parte prima- cap. VIII

“…i testimonial preferiti da Veltroni sono sostanzialmente ‘veline’ della politica: che siano donne o uomini, sorridono, sono graziosi (le donne di più, ovvio), parlano poco e hanno pochissimo da dire…. Ancora una volta, poi, il testimonial non deve necessariamente esplicarsi in una figura concreta e dotata di corpo, poiché la sua è una fisicità a due dimensioni, decorativa. Spesso infatti, come accade nelle operazioni pubblicitarie effettuate direttamente nei punti vendita, la ‘persona testimonial’ è trasformata in roter, fotografia-figura di se stessa. E’ la tecnica del ‘venditore silenzioso’ che sta alla base dei tanti manifesti, cartelloni, maxischermi riempiti con figure, occhi e facce di giovani e donne che sorridono educatamente ed invitano a considerare la bontà del prodotto-Veltroni. Ridotto così a figurina, il testimonial raggiunge la sua perfezione iconica: niente sbavature, niente modificazioni nella perfetta placidità del suo sorridere…“

Quest’opposizione non s’ha da fare, parte prima – capitolo VIV
“…Se al presente si considera inappropriato urlare la propria rabbia, la strategia veltroniana è invece quella della petizione, dal titolo emozionalista ‘Salva l’Italia’. Il pericolo è tanto grande che l’Italia necessita d’essere addirittura salvata, ma la piazza può attendere, e non deve essere urlata…Veltroni è animato da una concezione paradossale: vuole la piazza, ma epurata delle sue caratteristiche distintive; si propone alla guida di un movimento conflittuale, delimitandone però in anticipo i confini e procrastinandolo al dopo. Si tratta di un’opposizione che promette di avverarsi in futuro, ma che non può essere adesso. opposizione virtuale. Le cause della sua virtualità stanno nei presupposti che la vincolano: se s’intende opporsi ‘come se’ non si fosse all’opposizione, il conflitto non trova materia da utilizzare, né terreno su cui radicarsi. Per confliggere con chi governa, è necessario identificarsi con chi è governato e –in quanto tale- impossibilitato nel governare a sua volta. Ma la filosofia del partito democratico è la governamentalità, l’obiettivo primo essere forza-di-governo, la vocazione ‘maggioritaria’. Per un leader, ed un partito, votati alla governamentalità fare opposizione, nel senso proprio del termine, significa dunque mettersi dalla parte opposta non rispetto all’avversario politico, bensì rispetto a se stessi…“

bugie aporie utopie, parte prima - capitolo XII

“…L’utopia agitata, soprattutto nelle pagine de La nuova stagione, è fondamentalmente di natura tecnocratica, ancorché qualificata da ampi riferimenti alla dimensione etica ed emozionale…La credenza, alla base di questa visione utopica, è che vi sia una connaturata bontà morale nell’atteggiamento governamentale, nella sua tecnicità, ed un’altrettanto ineludibile ‘cattiveria’ in quello ideologico- identitario…La cornice emozionale, la promessa, è quella di abitare un contesto d’esperienza totalmente nuovo, disancorato dai pesi del passato. In buona sostanza, l’utopia di Veltroni si condensa nel sogno di superamento del politico, affermando il primato dell’aspetto tecnico-gestionale. Strettamente correlata alla precedente è l’utopia che disegna la fine del conflitto: affrancati dalle ideologie, liberati dalle affezioni identitarie, i politici del mondo nuovo potranno abbandonare la conflittualità urlata, cui erano abituati, e dedicarsi alla co-gestione della cosa pubblica, transitando dall’essere ‘contro’ all’essere ‘per’. E’ un parlamento dei mormorii quello che immagina Veltroni, dove ci si confronta con pacatezza, senza bisogno di litigi poiché i motivi del litigare (la divergenza ideologica, l’attaccamento alle reciproche identità) non sussistono più…“

La dote di Berlusconi, parte seconda – cap. I

“…Il leader, con le sue qualità, è l’oggetto magico in relazione col quale (attraverso il consenso, il voto, il tifo politico) il popolo può almeno in parte amplificare il proprio sentimento di potenza…L’utopia berlusconiana si sostanzia di un suo specifico orizzonte mitico, fatto di calore, immediatezza, sfrenata libertà di consumare ed appropriarsi di cose, senza costrizioni o divieti esterni. In chiave psicoanalitica, Berlusconi trova nel tramonto del super-Io la sua dimensione utopica…L’utopia veltroniana è strenuamente orientata al nuovo, alla promessa di un radicale cambiamento. La seduzione esercitata dal nuovo è insieme promessa di affrancamento dalla pesantezza (del passato con i suoi rancori, della situazione economica, delle problematiche sociali del paese) e conquista di una leggerezza tipicamente post-moderna (un paese moderno, più veloce, più semplice e lieve, in grado di mutare scenario e contesto rapidamente e di trasformarsi a piacimento). Il nuovo, più propriamente, è una promessa di liberazione individuale, anche sotto il profilo psichico: ‘una nuova stagione’, la ‘nuova Italia’, il ‘nuovo viaggio’ sono tutte metafore che richiamano al profondo bisogno spirituale di trasformazione e felicità che anima le vite (spesso coatte ed etero-determinate) delle persone normali. E’ la promessa di un’epifania privata che si rispecchia in quella sociale, e rende razionale l’attesa e la speranza anche a livello individuale poiché prefigura ‘qualcosa’ verso cui tendere, un mutamento appunto…“

alla faccia del partito aperto

alla fine la decisione dall'alto è piombata sul 'caso Grillo'; non soltanto NO alla candidatura, ma No alla sua iscrizione al partito. E il segretario ribelle Forgione giustamente parla di 'ayatollah romani' e di fine del partito aperto sognato da Veltroni. Forgione ha ragione, cari 'compagni' del PD (si può ancora dire?).

Il PD si è strutturato come partito inteso a superare il vecchio schema destra-sinistra, io-altro, e dichiaratamente è stato progettato per non essere più uno di quei partiti tradizionali che appartengono ai militanti, ma per essere un partito "abitato da cittadini elettori", che non vivono di politica ma "vogliono contare votando nei momenti decisivi". Questa che cito è la 'nuova stagione' di Veltroni, questa è la filosofia del Pd, non il Manifesto...e allora perchè no a Grillo? non è egli un cittadini elettore che vuole abitare il PD, che chiede di partecipare votando - o proponendo di essere votato - nel momento decisivo del Congresso? questo no appartiene ad un vecchio schema politico, di difesa della propria identità ed integrità; ma il Pd promuovendo il partito 'aperto, flessibile' ha già scelto di superare quello schema. Oppure erano solo menzogne, etichette emozionali per sedurre?

senza coerenza non c'è credibilità politica di sorta...

un soffocante veltronismo

un soffocante veltronismo, nonostante tutto, continua a schiacciare il partito democratico.
l'ansia del nuovo, dopo tutte le batoste degli ultimi mesi, non si è ancora esaurita. Bersani si candida? E Franceschini giù ad urlare 'votate me, io sono il nuovo!'. senza altri contenuti, che non di idee si tratta in questa competizione ma di copertine emozionali, slogan pubblicitari. E intanto, non pago dei disastri compiuti, Veltroni parla ancora e ci tiene a precisare che Craxi è stato il vero innovatore della sinistra italiana, altro che Berlinguer. ma tra litigi e congiure, su una cosa almeno l'attuale dirigenza PD è coesa: sono tutti daccordo che il futuro è il progetto governamentale, la vocazione maggioritaria. altro che sinistra, identità, ideologia. Tutto questo è vecchio ciarpame demodé. per volare veloci, e flessibili, verso il nuovo che avanza assai meglio non averla, un'identità politica...
bel risultato davvero per quella che fino a poco tempo fa era la parte più vasta della sinitra italiana. grazie Walter, bel lavoro.

18 luglio 2009

Veltroni omicida: il j’accuse di Bersani

E alla fine anche all’interno del partito ‘leggero’, uscendo bruscamente dalle liturgie nuoviste e post-ideologiche del veltronismo imperante, una voce diversa si è levata.

Attacca Bersani,lui che tanti accusano di rappresentare ‘il vecchio’, il passato ideologico, e lo fa con parole chiare, capaci dunque di assumere un significato. Era ora.

Veltroni, il demiurgo del PD, il grande sognatore che ne ha plasmato l’ineffabile novità, è stato anche e soprattutto il suo distruttore. Ha distrutto il PD, creandolo, perché ha interpretato come puro nuovismo emozionale, pubblicitario, la cosiddetta ‘vocazione maggioritaria’ che il nuovo partito intendeva avere. Perché ha preferito le sirene del leaderismo mediatico al confronto politico ampio, partecipato dalla base e dai militanti. Veltroni, dice Bersani, “ha disperso un patrimonio immenso”, ed è colpevole pure di aver posto fine all’Ulivo.

Le conseguenze del j’accuse di Bersani sono chiare: stando alle sue parole, Veltroni ha contribuito a creare non un partito, ma una struttura-fantasma, incapace di avere un’identità, dove la sovranità non è demandata agli iscritti, e neppure ai più burocratici organismi gestionali, ma al capo-sovrano che riproduce il fantasma e sostanzia la realtà del collettivo nella sua immagine personale. E tutto questo, si dice finalmente dall’interno del PD, è profondamente sbagliato.

Il modo in cui il PD è stato creato e conformato ha fatto sì, finora, che non esistesse il PD. Dunque il partito democratico ancora non esiste. I n tanti, nel mondo concreto , nella sinistra reale, se n’erano accorti da un pezzo. Finalmente qualcuno comincia a capire, e parlare, anche da dall’interno della non-struttura. PD è il partito che non c’era. Che ci sarà un domani, forse, soltanto rinnegando completamente i presupposti sui quali è stato creato. Il PD sarà soltanto se smetterà di essere se stesso.

E’ un’ironia perfettamente coerente al dominio dell’immagine sulla parola, dell’emozione sulla storia, dell’etichetta-slogan sulla concretezza dei legami umani e politici che ha animato finora il virtuale partito democratico italiano.

17 luglio 2009

l'ultimo orrore di Veltroni: w Craxi, via Berlinguer

Inesorabile, nonostante la perdita del ruolo governamentale che tanto gli piaceva, Walter Veltroni insiste nella sua opera di decostruzione attiva della storia della sinistra italiana. Con una puntualità che non ha nulla di casuale, ma chiarisce sempre più un preciso disegno ideologico, una determinazione a distruggere e far perdere senso ad un intero patrimonio di idee e radici.
E' Craxi il politico della sinistra che ha capito meglio di ogni altro i cambiamenti della società italiana, mentre il Pc di Berlinguer non riusciva a fare 'innovazione'. Geniale. L'uomo dell'Italia da bere, della corruzione come sistema normale di gestione di potere, è quello da rimpiangere e lodare ora, rinnegando una volta di più fatti, persone, orizzonti etici che hanno fatto la storia del PCI italiano.
certo che Craxi capiva la società del suo tempo, anzi ha contribuito a plasmarla così come poi, alla fine dei volgari anni '80, tutti noi abbiamo dovuto riconoscerla, con schifo e sgomento.
Ma è un'Italia che con la sinistra non ha nulla a che fare. E' l'italietta che oggi impera sovrana, e che acclama Silvio Berlusconi ed il suo stuolo di cortigiane/i come suo vate. Sta dicendo, Veltroni, che Craxi è stato un grande perchè ha capito in che direzione andava il paese, ed ha spianato la strada al 'nuovo' che oggi ci governa. vergogna. vergogna. vergogna.